Che l’Italia fosse un paese densamente popolato rispetto ad altre nazioni che vantano una migliore qualità della vita era notizia risaputa, negli ultimi anni tuttavia il flusso migratorio e il conseguente incremento della popolazione hanno contribuito allo sviluppo di un fenomeno curioso che alcuni studiosi hanno definito “Asocialità di sopravvivenza” o “Comportamento antisociale transitorio”: una definizione quasi umoristica che offre l’opportunità per una seria riflessione sulla nostra quotidianità.
In sintesi è possibile osservare alcune nuove abitudini socialmente diffuse che poco hanno a che fare con l’apertura verso l’altro, e che contrariamente esprimono chiaramente un desiderio di evitamento con l’unico obiettivo di sopravvivere al sovraffollamento degli ambienti pubblici. Queste strategie di sopravvivenza finalizzate a scoraggiare l’avvicinamento altrui e ogni forma di possibile contatto sono facilmente osservabili nei treni, negli autobus o nella metropolitana, ma anche nelle sale d’attesa o nelle panchine dei parchi… In cosa consistono questi comportamenti? Ad esempio nell’occupare banalmente la sedia o il posto accanto al nostro con giacche, borse o cappotti; mostrarsi indaffarati nel maneggiare pc, tablet o cellulari; fingere di dormire per evitare che l’incauto passeggero possa chiederci “scusi, è libero?”; simulare malessere con l’obiettivo di suscitare timore di un eventuale contagio; evitare lo sguardo altrui per scoraggiare ogni approccio; mentire fingendo di non comprendere la domanda o rispondendo che lo spazio è già occupato…
Tutti questi aspetti comportamentali non sembrano originare da predilezioni o da fobie di genere o culturali, bensì dalla frustrazione derivante dal dover ripetutamente condividere spazi limitati con estranei a scapito di una libertà di movimento e azione ormai dimenticata in favore di una assai poco invidiabile acquisita convivenza sociale.
La Vallée Notizie
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