Le emozioni nella ripartenza.
Come l’emergenza sanitaria ha influenzato le nostre emozioni e i nostri pensieri.
Quali sono le emozioni, gli stati d’animo e i pensieri che contraddistinguono la fase della ripartenza?
Cosa è cambiato rispetto ai primi mesi dell’emergenza sanitaria?
Come stanno affrontando le persone questa nuova situazione?
“Non vediamo il mondo per come è ma lo vediamo per come siamo noi”
Questa frase descrive non solo il modo in cui le nostre rappresentazioni giocano un ruolo determinante nello sviluppo dei nostri pensieri, ma anche come questo implichi una possibilità per tutti noi.
La possibilità di cambiare il mondo esterno intervenendo su noi stessi.
Agendo sulla nostra consapevolezza andiamo a modificare il modo in cui percepiamo e vediamo la realtà.
Le conseguenze psicologiche del lockdown
Nella pratica clinica le persone riferiscono attualmente un aumento del senso di isolamento, a prescindere dal fatto che questo sia reale o percepito.
Nonostante la parziale ripresa della quotidianità, le persone continuano a sentirsi isolate e incapaci di andare verso l’altro, di aprirsi e di fidarsi dell’altro.
La paura
Rimane la paura per la propria salute e per quella dei propri cari.
Lo dimostra il fatto che molte persone continuano a indossare le mascherine anche all’aria aperta, nonostante non sussista più l’obbligo e nonostante i potenziali rischi per la salute.
Probabilmente questa è la conseguenza di due fattori: la poco chiara e ambigua comunicazione da parte delle istituzioni e il tentativo di contenere le paure e le angosce personali, in una sorta di “impotenza appresa”.
Se questo sta avvenendo negli adulti, cosa sta accadendo ai bambini?
I bambini sono le vere vittime inconsapevoli di questa situazione perché hanno subito il distanziamento sociale senza gli adeguati strumenti per comprenderlo.
In alcuni casi i genitori hanno saputo mediare, rassicurare e contestualizzare. In altri casi questo non è avvenuto e i bambini hanno iniziato a manifestare sintomatologie ansiose e sintomi ossessivo-compulsivi.
Questi sintomi possono risultare accentuati dalle disposizioni attuali, talvolta applicate senza buon senso, che permangono proprio nei luoghi deputati ad accogliere i bambini: dallo sport alla scuola.
Le emozioni nella fase della ripartenza
La depressione
Aumentano le richieste di consulenza per sintomi depressivi; anche se non parliamo di una vera e propria depressione dal punto di vista clinico, sicuramente le persone percepiscono un tono dell’umore deflesso, riferiscono di non sentirsi più leggeri e spensierati come prima.
Senso di colpa
Talvolta, queste emozioni si accompagnano da un senso di colpa per sentirsi così pur non avendo dovuto fronteggiare situazioni al limite, come magari può essere accaduto a parenti o conoscenti.
L’inadeguatezza e la confusione
Alla depressione si aggiunge quindi l’inadeguatezza.
Il tono dell’umore depresso può essere in parte attribuibile al calo di tensione successivo al rientro emergenziale, dopo settimane in cui “abbiamo tenuto duro cercando di adattarci e di reagire” adesso che vediamo la fine del tunnel emergono le emozioni “scomode”. Questo può lasciare disorientati e confusi.
Il senso di vuoto
Adesso che iniziamo a vedere una parziale e graduale ripresa della vita sociale e lavorativa, ecco che ci ritroviamo con un senso di vuoto, che può creare un certo disagio e che ci porta a sentirci giù di morale.
La rabbia
Altri sintomi riferiti sono un aumento della rabbia e dell’aggressività.
In generale, nella forma più lieve si parla anche di un aumento dell’ irritabilità: le persone sono più nervose, irritabili e suscettibili a causa della limitata libertà dovuta non solo al lockdown,ma anche a causa delle attuali limitazioni.
L’aumento della rabbia si vede all’interno delle famiglie: nei rapporti tra genitori e figli, ma anche tra i partner. Si tende a reagire subito e senza filtri, la pazienza viene a mancare, così come la tolleranza reciproca.
Questo è attribuibile alla convivenza forzata, o in alcuni casi alla lontananza prolungata dai propri cari.
Lo stesso fenomeno si osserva nella società, dove sono in aumento gli episodi di violenza, come atti vandalici, risse, aggressioni e si riscontra un aumento dell’insofferenza che porta a tensione sociale e perdita di controllo.
L’impotenza
Le persone si sono sentite per un tempo prolungato impotenti, in balia degli eventi e completamente passivi: impossibilitati ad agire sula propria vita, a provvedere ai bisogni fondamentali della propria famiglia e a pianificare il proprio futuro.
Abbiamo assistito anche a un abuso della tecnologia, evidentemente le persone chiuse in casa non potendo fare molto altro, si sono buttate a capofitto sui social network e adesso è difficile ritornare alla “normalità”.
I social network in particolare agiscono sul cervello provocando una risposta dopaminergica, che crea una serie di reazioni chimiche e ormonali che possono causare dipendenza.
Non solo, l’iniziale e condivisibile assiduità nella ricerca di informazioni su internet o tramite i mass media ha determinato l’acquisizione di un nuovo comportamento e adesso, può essere difficile rinunciare a guardare diversi telegiornali al giorno.
La demotivazione
Un altro aspetto che sembra caratterizzare questa ripresa è la demotivazione: la fatica di ritornare al lavoro, la fatica di riprendere le normali relazioni, la fatica di indossare dei panni forse diventati stretti (in ogni senso).
Dopo aver assaporato ritmi più lenti è comprensibile avere poca voglia di ritornare ai ritmi frenetici precedenti l’emergenza. E’ come se avessimo scoperto di punto in bianco un altro modo di vivere, forse meno intenso per certi punti di vista, ma più appagante e più in linea con la natura dell’essere umano.
Il senso di smarrimento
Questo inevitabilmente lascia smarriti perché, soprattutto le persone ad alto funzionamento che sono sempre state dinamiche, si ritrovano a non aver voglia o a non riuscire a riprendere la propria vita così come la vivevano prima del lockdown.
In molti casi c’è stato anche un abuso di cibo e alcol, evidentemente l’avere più tempo a disposizione ha determinato una maggiore ricerca di comfort food/drink per riempire un vuoto, o per farsi compagnia.
Una comunicazione ambigua basata sulla paura
La comunicazione istituzionale è stata carente da tanti punti di vista. Gli errori sono certamente comprensibili in una circostanza straordinaria come quella appena vissuta, tuttavia l’ambiguità che ha contraddistinto la comunicazione dei media ha impedito alle persone di assumersi la piena responsabilità della situazione, così come invece è avvenuto in altri paesi.
La scelta di comunicare i dati con quella modalità (aldilà di una possibile errata interpretazione degli stessi) ha suscitato angoscia negli individui, perché è andata ad attivare la parte più antica del nostro cervello, quella deputata alla sopravvivenza. Una scelta diversa avrebbe forse potuto lasciare altre possibilità. L’utilizzo che è stato fatto dei dati ha impedito di fatto alle persone di contestualizzare le informazioni ascoltate. I numeri riferiti ai morti erano così grandi che la mente non ha potuto processare e quindi elaborare le informazioni ricevute.
Si è scelto inoltre di puntare sul senso di colpa e ciò ha generato un susseguirsi di accuse reciproche (runners, possessori di cani, bambini…) che anziché creare coesione e solidarietà hanno determinato rabbia e tensione sociale.
Le preoccupazioni, le emozioni e i pensieri legati al ritorno alla “normalità
Abbiamo assistito a un’interruzione delle relazioni, alla paura di un nemico invisibile contro il quale non si sapeva come combattere, alla paura dell’altro che rimane tutt’ora. Ci si chiede se ci sarà una seconda epidemia e a come, e se, potremo prevenirla o arginarla.
La possibilità di una seconda ondata epidemica ha generato un susseguirsi di disposizioni: dal plexigalss nelle scuole, alla misurazione della temperatura nei centri sportivi…tutto questo ha contribuito a un nuovo aumento dell’ansia generalizzata, della paura e delle preoccupazioni.
Oltre a questo, la preoccupazione economica ha inciso sul senso di sopraffazione della popolazione. Le persone si sentono impotenti, paralizzate, bloccate nella loro possibilità di reagire.
L’ambiguità delle informazioni genera dipendenza.
Le possibili soluzioni
Cosa possiamo fare?
Il diritto a un’informazione di qualità
E’ necessario assumerci la responsabilità di una comunicazione libera accessibile e trasparente.
E’ importante informarsi avendo cura di prendere in considerazione anche la stampa e i media internazionali per avere una visione equilibrata degli eventi. Oggi infatti non è più sufficiente guardare due o tre telegiornali su canali televisivi diversi, gli stimoli a cui ci esponiamo determinano i nostri pensieri.
Bisogna dire no alla ridicolizzazione delle opinioni divergenti, è troppo comodo e fuorviante additare le posizioni divergenti come “fakenews”. E’ fondamentale ritrovare la capacità di dubitare, di porsi domande, di avere opinioni magari cogliendo l’occasione per rileggere Thomas Kuhn. A poco serve uniformarsi, avvallare, reiterare e confermare: la crescita avviene attraverso la diversità, l’integrazione e la messa in discussione.
Focus sulle ciò che possiamo controllare
Comunemente si dice che nelle situazioni di forte stress è importante focalizzare l’attenzione sulle cose che si possono controllare.
In questo senso è possibile provare a concentrarsi sulla cura di sé, sulla cura dell’altro e sulla cura per sé.
Possiamo ritrovare il controllo direzionando il nostro focus dell’attenzione su noi stessi e sull’ambiente che ci circonda. In questo modo miglioriamo la nostra routine, dedichiamo attenzione e ritroviamo significato in quello che facciamo.
Mindfulness
Ad esempio possiamo praticare la mindfulness, tentare di nutrirci in modo più salutare, rispettare i ritmi sonno-veglia e investire sulla crescita personale o professionale.
Durante il lockdown sono aumentate le iscrizioni ai corsi di formazione online. Questo trend continua, infatti le persone si sono accorte che se sono impegnate in un processo di apprendimento stanno meglio. Il livello di benessere aumenta quando le persone sono più attive e percepiscono più valore nella propria vita.
Auto-osservazione
Se abbiamo una pessima relazione con alcol o cibo possiamo provare a non privarci dell’elemento desiderato, ma limitarci all’auto-osservazione.
Più ci diciamo di non pensare a una cosa, più la nostra mente va proprio in quella direzione. Essere consapevoli del modo in cui funziona la nostra mente ci aiuta a meglio governarla.
Avere più tempo ci permette di concentrarci sul modo in cui stiamo insieme gli altri. Possiamo, ad esempio, imparare a stabilire confini adeguati, rendendoci disponibili alle rappresentazioni dell’altro e ritrovando così sintonia.
L’aiutare gli altri ci permette non solo di renderci utili, ma anche di uscire da noi stessi per ritrovarci più centrati e più gioiosi.
Competenza emotiva
Un altro obiettivo che può esserci utile per migliorare il nostro benessere è lo sviluppo della competenza emotiva. Tale abilità consiste nell’imparare a riconoscere le nostre emozioni nel momento stesso in cui si presentano e etichettarle, cioè dare loro un nome. In questo modo possiamo processarle, elaborarle e andare oltre.
Diversamente le emozioni restano lì, bloccate nella mente o nel corpo. E come avviene per ogni tipo di trauma, il corpo sarà costretto a gridare quello che la mente non riesce a mettere in parole.
Possiamo cogliere l’occasione per prenderci cura di noi stessi permettendoci di farci aiutare da un professionista, perché questo implica assumersi la responsabilità del proprio benessere.
Accettazione
Tutti noi possiamo lavorare sull’accettazione. Non possiamo naturalmente evitare che accadano fatti spiacevoli o drammatici nella vita, ma possiamo cambiare il modo in cui noi interpretiamo tali eventi.
L’accettazione ci permette di focalizzarci sulle cose che possiamo cambiare, direzionando su di esse la nostra attenzione.
Dr. Elena De Franceschi, Clinical Psychologist
0165 – 524939
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