Il profilo dell’ atleta estremo

La psicologia dello sport ha tentato di individuare le caratteristiche di personalità dell’atleta estremo, colui cioè che sceglie di praticare sport estremi.

Sembra infatti, che oltre alla naturale inclinazione dell’uomo alla curiosità verso i propri limiti, questi atleti sentano più di altri il bisogno di controllare l’ambiente circostante attraverso la verifica delle proprie abilità di azione e di gestione di sé.

L’elevata fiducia nelle proprie possibilità sembra essere inoltre parzialmente correlata ad un sistema di valutazione del rischio non necessariamente sempre adeguato. Cosa significa?

Che questi atleti quando valutano un impresa si concentrano più sugli aspetti tecnici e i limiti da superare piuttosto che sulla paura e sulla pericolosità. E’ come se il loro focus attentivo fosse rivolto verso altri aspetti meno emotivi e più pragmatici.

La ricerca di sensazioni intense “sensation seeking” conduce l’atleta a ricercare situazioni coinvolgenti emotivamente per ottenere un’intensa gratificazione che biologicamente si traduce in secrezioni di adrenalina, noradrenalina, ACTH, cortisolo, ormone GH somatotropo, prolattina e dopamina.

Sembra inoltre, che gli atleti di sport estremo, tendano ad interpretare le situazioni ansiogene e stressanti come esperienze in cui sperimentare la propria vitalità e che compensino un possibile difetto nei recettori di dopamina con situazioni atte a produrla in notevole intensità.

Per l’atleta estremo l’approvazione sociale è ininfluente o secondaria perché si concentra essenzialmente sui propri obiettivi e sulla preparazione personale, quasi maniacale.

Non pensare che chi sceglie queste esperienze sia solo un esibizionista che vuole mettersi in mostra, al contrario, per gli atleti estremi queste attività diventano spesso una “normalità” frutto di allenamento e tecnica indipendentemente dalla loro pericolosità.

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